Piacenza: imprenditore dell’autotrasporto impiegava come autisti immigrati irregolari

L'uomo, latitante, viveva in una villa lussuosa ma costringeva i dipendenti a turni massacranti e chiedeva loro 100 euro di affitto per dormire sui camion. Sequestrati beni per 12 milioni di euro

Questa mattina la polizia di Stato ha eseguito a Piacenza e nelle provincie di Milano, Pavia, Cremona, Catania, Messina e Trapani, nonché in Svezia e in Bulgaria, un decreto di sequestro di beni emesso, ai sensi della normativa antimafia, dal tribunale (Sezione Misure di Prevenzione di Bologna) su proposta formulata dal questore di Piacenza Ivo Morelli nei confronti un affermato imprenditore nel settore del trasporto su gomma. L’uomo, di origini siciliane, opera da anni in Emilia Romagna.

L’operazione è stata eseguita dalla Divisione anticrimine della questura di Piacenza con il supporto del Servizio centrale anticrimine, si colloca in una più ampia strategia nazionale di contrasto all’immigrazione clandestina e allo sfruttamento del lavoro nero.

Il provvedimento riguarda beni, assetti societari e rapporti finanziari per un valore complessivamente stimato di circa 12 milioni di euro, riconducibili direttamente all’imprenditore o indirettamente attraverso una folta schiera di prestanome. L’uomo viene ritenuto socialmente pericoloso, poiché dedito alla commissione di reati tributari, fallimentari, in materia di falsificazione di mezzi di pagamento, immigrazione e prostituzione. Già condannato per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, nel novembre 2022, si è sottratto, rendendosi irreperibile, all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nell’ambito dell’operazione Hermes, condotta dalla polizia di Stato di Piacenza, poiché responsabile di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, intermediazione illecita di manodopera e sfruttamento del lavoro, nonché di delitti contro la fede pubblica.

L’inchiesta aveva consentito di di svelare un vero e proprio “sistema” finalizzato a favorire l’ingresso illegale e lo sfruttamento di cittadini stranieri, di nazionalità brasiliana, moldava e turca, sul territorio nazionale.

Queste persone, dietro il versamento di consistenti somme di denaro, venivano dotate di documenti e certificati di abilitazione professionale falsi. Gli autisti venivano poi nelle aziende italiane ed estere dell’imprenditore, con modalità palesemente contrastanti con le norme contrattuali di riferimento e in precarie condizioni igienico-sanitarie.

I malcapitati, dietro un primo pagamento di € 500,00, ricevevano “la dichiarazione di invito” necessaria per l’ingresso in Italia. Una volta giunti sul territorio nazionale, erano accompagnati presso la sede di una delle società dell’imprenditore, a Piacenza, dove, dietro pagamento di ulteriori € 500,00, venivano muniti di documenti falsi per poi essere assunti come autotrasportatori. Il costo di ogni “pratica” si assestava tra i 2.000 e i 2.500 euro ed era corrisposto mediante pagamenti mensili di € 500,00.

A causa delle restrizioni all’ingresso sul territorio nazionale conseguenti alla diffusione del Covid, il  sistema illecito si è allargato ad altri stati dell’Unione Europea. Cittadini  prevalentemente moldavi e turchi, venivano formalmente assunti da una società di diritto bulgaro (che faceva sempre riferimento all’imprenditore di origine siciliana) ma operavano in maniera continuativa in Italia.

I lavoratori fornivano le loro prestazioni in condizioni assolutamente degradanti ed inumane, sfruttati a causa del loro stato di bisogno. Gli autisti, infatti, erano sottoposti a turni di lavoro massacranti, non potendo usufruire di riposi giornalieri o settimanali, costretti a guidare giorno e notte senza adeguato riposo. Oltre agli introiti percepiti mediante lo sfruttamento e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, l’imprenditore riusciva a trarre ulteriore profitto offrendo alloggi in condizioni igienico-sanitarie pessime. Ai lavoratori, in particolare, era garantito il pernotto all’interno di baracche o container, o addirittura all’interno dell’abitacolo degli stessi mezzi pesanti, parcheggiati presso la ditta di autotrasporto, dietro pagamento di una somma di denaro pari a € 100 al mese.

Le indagini odierne, oltre a documentare la pericolosità sociale dell’imprenditore senza scrupoli (attivo per oltre un  ventennio), hanno permesso di far luce sull’impero societario economico e finanziario realizzato, nel tempo, dall’imprenditore attraverso una pluralità di operazioni societarie tali da impedire la diretta riconducibilità delle stesse strutture alla sua persona. Il tutto a fronte di una situazione reddituale “dichiarata” di natura modesta o addirittura inadeguata, in alcuni casi, anche al semplice soddisfacimento delle primarie esigenze quotidiane personali e del suo nucleo familiare. In realtà ricavava ingenti guadagni dalla sfera delle sue attività illecite dal suo insediamento in territorio piacentino, dai primi anni del 2000, ad oggi. Nel tempo ha acquisito attività operanti nei settori del trasporto su gomma, della logistica, dei servizi alle imprese, della ristorazione, degli spettacoli “a luci rosse”, dell’allevamento degli equini ed anche immobiliare.

In particolare, negli anni dal 2008 al 2015, attraverso le sue compagini societarie, ha partecipato ad un articolato sistema di frode che prevedeva l’emissione e l’utilizzazione di un rilevante volume di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, il cui importo complessivo è calcolato in circa 200 milioni di euro, al fine di creare ingenti crediti I.V.A fittizi in capo ai vari soggetti economici compiacenti. Il meccanismo consisteva nell’impiego di cd. “società cartiere”, dedite all’emissione di false fatturazioni per operazioni inesistenti nei confronti di “società filtro”, che avevano il compito di emettere a loro volta ulteriori false fatturazioni nei confronti di altri operatori economici, i quali in conclusione erano i veri beneficiari della frode.

Nel periodo 2013- 2019 ha sottratto dai conti delle sue società circa 5 milioni di euro per la realizzazione di investimenti immobiliari e societari, nonché per sostenere le spese di mantenimento personale e del suo nucleo familiare.

In totale sono state sequestrate quote di 14 società, di cui una con sede in Svezia e una in Bulgaria, 32 immobili, tra fabbricati e terreni, 110 automezzi, tra motrici e rimorchi, e di numerosi rapporti finanziari, per un valore complessivamente stimato di circa 12 milioni di euro.

Publicità

1 commento

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il commento
Inserisci il tuo nome