Lo strano caso di un virus che si trasmette con gli aperitivi e non con il caffè

Il titolare di un bar serale si sfoga dopo l’emanazione dell’ordinanza che li costringe alla chiusura forzata dopo le 18. "Fateci pure chiudere ma dateci sostegno immediato o sarà un disastro"

Il titolare del bar Bacaro sconsolato davanti alla serranda chiusa
Il titolare del Bacaro sconsolato davanti alla serranda chiusa

Riccardo Mazzoni è uno dei due giovani soci del Bacaro, locale aperto due anni fa in via Cittadella 26 a Piacenza.

Il suo bar vive di aperitivi serali e di cocktail dopo cena. Per questo apriva dalle diciassette all’una. Il passato è d’obbligo perché, dopo la decisione dell’amministrazione di Piacenza, la serranda da oggi resterà abbassata almeno fino al primo marzo.

«Non discuto l’ordinanza del sindaco – ci dice Riccardo. – La salute viene prima di tutto. Però non capisco i criteri con cui è stata presa la decisione e soprattutto le modalità applicative. Sembra quasi che il virus si trasmetta solo all’ora degli aperitivi e non a quella della colazione».

Cosa non la convince dell’ordinanza?

«Innanzitutto non c’è un criterio di dimensione. Hanno detto di aver scelto di chiudere i bar perché di sera sono molto affollati. Cosa vuol dire? Come si definisce un locale affollato? Le venti persone che si possono sedere da noi sono un affollamento maggiore rispetto a quelle che mangiano ai tavoli di un ristorante? Siamo più affollati noi, dalle 18 in poi, di quanto non sia un bar alle 8,30 di mattina o di una pizzeria da 200 metri quadri alla sera? Inoltre il virus contagia a Piacenza città ma non nei comuni limitrofi? Non è intendiamoci una guerra di uno contro l’altro. Sono contento per chi ancora lavora. Dico solo che ci stanno mettendo in grosse difficoltà più ancora di quanto saremmo se ci trovassimo nella zona rossa».

Ma nella zona rossa sono tutti chiusi. Come mai dice che sarebbe meglio essere lì rispetto a Piacenza?

«Sono chiusi ma hanno in previsione aiuti concreti ed immediati che noi non abbiamo: sospensione dei mutui e delle bollette, agevolazioni per i dipendenti, forme di sostegno. Almeno al momento, siamo lasciati soli.  Il sindaco detto che si farà portavoce delle nostre difficoltà, ma non basta.

Secondo me il Comune prima di un provvedimento così doveva concordare con la Regione  un piano immediato di aiuti per sostenere chi viene messo in difficoltà dall’emergenza.

Non possiamo più aprire, non incassiamo nulla ma i dipendenti li dobbiamo ovviamente pagare, così come il mutuo, gli affitti e le bollette. Il Comune – lo ripeto – fa bene a tutelare la salute di tutti noi. Però occorre, subito, non domani, dare sostegno a tutte le aziende di Piacenza che sono in crisi a causa dello stop forzato. Non mi riferisco solo ai bar ed alle discoteche ma a qualunque attività d’impresa (e sono credo tantissime). Noi non abbiamo né la cassa integrazione né nessuna altra forma di tutela. O ci aiutano o rialzare le serrande sarà davvero difficile».

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