Piacevoli rituali quotidiani come gustare un caffè al bar rischiano di diventare sempre più costosi per i consumatori italiani a causa del vertiginoso aumento delle materie prime. FIPE Confcommercio Piacenza, attraverso il suo presidente Roberto Carbonetti, esprime profonda preoccupazione per alcuni elementi che potrebbero impattare, a breve, sul mercato. Le avverse condizioni meteorologiche in Brasile, la forte contrazione dell’offerta dal Vietnam e le fluttuazioni del cambio euro-dollaro hanno già portato a notevoli aumenti sul mercato del caffè e la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare. Tutto questo unito alla necessità di evitare rotte marittime diventate pericolose a causa degli Houthi, ha portato ad una crescita dei costi di importazione fino al 50% rispetto a sei mesi fa.
Secondo gli ultimi dati del Mimit rielaborati da Assoutenti, il costo medio in Italia di una tazzina di caffè consumata al bar è salito a 1,20 euro (+14,9% rispetto al 2021) con variazioni che potrebbero portare il prezzo fino a 2 euro a tazzina. L’Associazione nazionale Torrefattori, Importatori di Caffè e Grossisti Alimentari aderente a Federgrossisti-Confcommercio ha lanciato l’allarme sulla “tempesta perfetta” che sta scatenando ulteriori rincari. Le quotazioni di borsa del caffè Robusta sono raddoppiate, registrando un aumento del 90%, mentre quelle della varietà Arabica sono cresciute del 55% negli ultimi sei mesi.
«Temiamo – rimarca Roberto Carbonetti – che la situazione possa portare a incrementi non solo per il costo delle consumazioni nei bar ma anche per l’acquisto di caffè in polvere nei negozi e nei supermercati. E’ vero potrebbe trattarsi di un incremento di qualche centesimo ma considerando che in Italia si consumano nei locali pubblici circa 6 miliardi di caffè all’anno (per un contro-valore di circa 7 miliardi di euro) è facile capire come parliamo comunque di cifre impressionanti».
All’orizzonte c’è un altro elemento che potrebbe comportare, nel medio periodo, una nuova salita del costo di tante materie prime. Lo scorso giugno in Europa è stato approvato il cosiddetto Regolamento deforestazione. In pratica commercianti, grandi imprese e Pmi che lavorano e commercializzano sette materie prime provenienti dall’estero (bovini, cacao, caffè, palma da olio, gomma, soia, legno e tutti i loro derivati come il cioccolato e la pelle) dovranno fornire una certificazione che attesti che produrre, ad esempio il caffè, non siano stati utilizzati terreni deforestati. La normativa dovrebbe incidere tra l’altro sulle materie prime già a magazzeno, anche in questo caso portando ad un’ulteriore lievitazione dei prezzi.
In un secondo momento arriverà anche la direttiva sulla “Due Diligence per la sostenibilità aziendale” che dovrà garantire il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente lungo le filiere produttive.
«Decreti assolutamente lodevoli – conclude Carbonetti – ma che avranno un impatto fortissimo sui costi delle stesse materie prime ed a catena sui baristi, sui ristoratori, sui negozi e di conseguenza sui consumatori finali».