La moltiplicazione dei letti e dei pazienti di terapia intensiva

Resta ancora senza una spiegazione l'improvviso cambio di classificazione deciso dalla Regione Emilia-Romagna per i pazienti di terapia intensiva estesa ora anche a malati meno gravi. Una scelta che rende non più paragonabili i dati

Durante la conferenza stampa della settimana scorsa, indetta dall’Ausl di Piacenza per fare il punto sulla situazione Covid nella nostra Provincia, il direttore generale dell’azienda sanitaria Luca Baldino aveva affermato che presso la terapia intensiva di Piacenza era ricoverato un solo paziente, un 55enne non in pericolo di vita, mentre erano tre le persone che necessitavano di casco con ossigeno.

Il giorno successivo, il 15 ottobre, il bollettino di aggiornamento regionale parlava di cinque ricoverati in terapia intensiva, uno in più rispetto al 14 ottobre.

Un dato che ha destato parecchio stupore poiché assolutamente incongruente con quello del giorno prima: come avevano fatto i ricoverati a lievitare da uno a cinque … se l’aumento era di una sola unità?

Poiché la matematica non è un’opinione è risultato subito evidente che qualcosa non quadrava.

Una spiegazione a questa incongruenza la si è potuta trovare spulciando le schede Covid di dettaglio della nostra provincia (che non vengono mai diffuse alla stampa ma solo ai sindaci membri della conferenza territoriale sociale e sanitaria).

Qui fra i pazienti in terapia intensiva erano stati inclusi anche i pazienti in UTIR (Unità di terapia intensiva respiratoria). Una scelta non annunciata e che ha lasciato perplessi.

Effettivamente sommando i tre pazienti con casco d’ossigeno al paziente in terapia intensiva al un nuovo paziente … la somma arrivava a cinque ed i conti tornavano.

Il giorno successivo abbiamo contattato l’ufficio stampa regionale per capire il perché di questo rivoluzionario cambio di classificazione.

Il responsabile ha promesso che si sarebbe informato e ci avrebbe fatto sapere. Nonostante siano passati quattro giorni, e nonostante plurimi solleciti, al momento la Regione non ha ancora fornito una spiegazione.

Nel frattempo abbiamo tentato di capire se le UTIR corrispondano alla terapia intensiva, se siano due diversi termini per definire un uguale servizio. Anticipando il finale … l’impressione è che si tratti di due cose assai diverse fra loro.

Le differenze fra terapia intensiva e Unità di Terapia Intensiva Respiratoria

Nelle unità di terapia intensiva (ICU – Intensive Care Unit) vengono ricoverati pazienti in gravi condizioni di salute, che hanno bisogno di assistenza continua, per il mantenimento nella norma delle loro funzioni vitali, pazienti che sono generalmente intubati ed in coma od in coma farmacologico. Vi operano medici anestesisti e personale infermieristico specializzato ed hanno letti ad hoc con dotazioni tecniche specifiche come la ventilazione meccanica. Richiedono spazi più ampi rispetto a normali reparti per agevolare gli interventi da parte degli operatori che si ruotano su turnazioni H24.

Le UTIR, Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (anche definite Unità di Terapia semi-Intensiva Respiratoria) sono invece unità che rientrano nell’ambito della pneumologia e si occupano del trattamento dei pazienti affetti da Insufficienza Respiratoria Acuta. Utilizzano spesso tecniche di ventilazione meccanica non invasiva (per intenderci i famosi caschi) ed i pazienti che vi sono ricoverati non sono – tendenzialmente – in coma farmacologico.

La prima è una terapia intensiva generale, la seconda una terapia intensiva d’organo.

All’occhio dell’inesperto cronista (che pure si è confrontato con qualche addetto ai lavori) le differenze paiono evidenti.

Cosa cambia con la diversa classificazione?

Perché dunque considerare i pazienti in UTIR come pazienti in terapia intensiva? Lo ha stabilito il ministero della Salute o è una decisione autonoma della Regione Emilia Romagna? Come mai il cambio improvviso di classificazione ad emergenza Covid in atto? La precedente classificazione era dunque errata?

C’è una diretta conseguenza che deriva da questa scelta: è probabile che se i pazienti in UTIR sono conteggiati come pazienti in terapia intensiva anche i posti letto UTIR si trasformino in posti letto di terapia intensiva.

Dal punto di vista medico forse non è esattamente la stessa cosa ma diventa più semplice avvicinarsi agli obiettivi fissati dal Ministero (14 posti ogni 100 mila abitanti).

In occasione del taglio del nastro in ospedale a Piacenza proprio dei 6 nuovi letti UTIR l’Ausl – in un suo comunicato – parlava di 55 letti di terapia intensiva complessivi nella nostra provincia.

Quanti di questi sono effettivamente ICU e quanti sono invece UTIR?  Quanti dei 634 posti letto che la Regione sabato scorso ha dichiarato di aver allestito sono UTIR e quanti ICU?

Senza sapere quale è il fondamento di questa scelta (che avrà senza dubbio un suo perché ed una sua legittimazione) si rischia di ingenerare qualche confusione e tra l’altro di rendere i dati di oggi non più paragonabili con quelli dei mesi scorsi.

La gravità di un intubato non è equivalente a quella di un paziente che utilizza il casco con l’ossigeno.

Per questo piuttosto che trincerarsi dietro al silenzio non sarebbe male fornire una spiegazione.

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