Il ricordo di Antonio Montinaro, caposcorta di Falcone, nel bel racconto di una violoncellista piacentina

Giovanna Fellegara, ad inizio anni '90, venne scritturata dall'Orchestra Sinfonica Siciliana e visse a Palermo dove divenne amica con Tina Montinaro (in foto), pochi mesi prima della strage di Capaci

Tina Montinaro, vedova di Antonio, capo scorta del giudice Falcone, durante una visita in prefettura a Piacenza nel 2020

Il 23 maggio 1992, a Capaci, chili di tritolo disintegrarono asfalto e lamiere di auto blindate e tolsero la vita al giudice Falcone, a sua moglie Francesca Morvillo, al caposcorta Antonio Montinaro e ai colleghi poliziotti Vito Schifani e Rocco Dicillo. Una delle pagine più dolorose e controverse dell’Italia moderna in cui la bestialità mafiosa ebbe, per un attimo, il sopravvento sul paese sano ed onesto e strappò all’affetto dei propri cari uomini tanto normali nell’intimità famigliare quanto coraggiosi nella quotidianità lavorativa. In occasione del 32° anniversario della strage la musicista piacentina Giovanna Fellegara, con un vivido e commovente racconto breve, ha voluto ricordare Antonio Montinaro e la moglie Tina le cui vite si incrociarono brevemente ed intensamente con la sua, a Palermo, all’inizio degli anni ’90. Ve lo proponiamo qui di seguito con la certezza che vi commuoverà, come ha commosso noi, e vi farà condividere il rimpianto di aver visto lacerata, da disonorevole vigliaccheria, la vita di uomo, un marito, un papà buono e giusto come Antonio Montinaro.

«Ho poco più di vent’anni e sono a Palermo. Da sola. Da poco diplomata al Conservatorio, ho vinto un’audizione all’Orchestra Sinfonica Siciliana: ho firmato un contratto per l’intera stagione, almeno 9 mesi di lavoro assicurato.
Ho trovato la prima casa solo mia: un bilocale abbastanza vicino al teatro, zona residenziale. Ma come spesso accade a Palermo, le viuzze laterali, appena usciti dal viale con bei palazzi e vetrine di lusso, sono file di casupole più alte che larghe, antiche e trascurate, con piccoli portoni e androni bui e scrostati, dove un “bilocale ristrutturato e arredato” somiglia più a un sepolcro imbiancato che a una civile abitazione.
L’anziana proprietaria è una donnina piccola e secca con trucco marcato e capelli giallastri stopposi. Ha sempre una sigaretta penzolante dalle labbra, mille rughe cattive esaltate da una brutta abbronzatura e lo sguardo da sotto in su che ti trasmette un senso di pericolo costante. Ma va bene, tanto non la vedrò che una volta al mese, e questa casetta è in una posizione troppo comoda.
Finalmente chiudo la porta dietro la megera che se ne va, e comincio a svuotare le valigie per riempire armadio e cassettiera. Prima di tutto però, i libri sul comodino.
Niente cellulare: non esistono ancora. E nemmeno hanno ancora attaccato la linea del telefono fisso, ci vorranno almeno un paio di giorni, per cui per il momento resta solo l’opzione cabina telefonica.
Poi si dovrà fare una spesa, comprare cibo e articoli per la pulizia della casa: ormai è tardi, ma domani farò un giro di perlustrazione per identificare i negozi nei dintorni.
Prima notte trascorsa, qualche patema e un po’ di angoscia, ma alla fine la stanchezza ha avuto la meglio.
Mi preparo ed esco per colazione: al bar Golden, brioscina col tuppo e granita al caffè con panna. Dopotutto dieta e Sicilia sono un ossimoro invincibile.
Poi comincio il sopralluogo e scopro, proprio nella via perpendicolare alla mia, quasi all’incrocio, un piccolo emporio di articoli per la casa. Sul marciapiede sono esposti, in una festa di plastiche colorate, scope, palette e bidoncini di tutte le misure, carrellini e contenitori vari; sugli scaffali all’interno detersivi, stoviglie usa e getta, strofinacci e spugnette di ogni genere. Proprio quello che cercavo.
Sulla porta mi accoglie il sorriso contagioso della proprietaria, una ragazza di una bellezza aperta e comunicativa, piena di capelli ricci trattenuti indietro da una fascia vivace come il suo sguardo, i denti così bianchi sul viso dorato. Primi convenevoli e capiamo subito che nessuna delle due è di Palermo: io una piccola padana in trasferta e lei una napoletana emigrata in Sicilia per amore. In negozio ci sono anche due bambini, uno di 3 o 4 anni che gioca con qualche macchinina e uno poco più che neonato sul passeggino. Sono i suoi bimbi, mi dice: lei gestisce da sola il negozio e si deve arrangiare, ma il marito poliziotto, mi assicura, tra un turno e l’altro va da lei e le dà una mano.
Simpatica penso, e così il negozietto di Tina diventa una bella tappa per due chiacchiere tra una prova e l’altra.
Mi racconta sempre del suo Antonio, del loro legame forte e appassionato. Dei loro bimbi così voluti e amati, del dolcissimo Gaetano e del piccolo Giovanni, che porta il nome del nonno materno e soprattutto dell’uomo che per suo marito costituisce ormai l’unica ragione per continuare a svolgere il suo mestiere di poliziotto.
Qualche volta c’è anche lui, Antonio, un bel ragazzo alto e slanciato, con la barbetta fulva e due occhi vivi cui, è subito chiaro, non si può nascondere nulla. E infatti nota immediatamente che a questa ragazza, nuova del posto e sola, cominciano a ronzare intorno strani personaggi del palazzo, in particolare una vicina ambigua e appiccicosa cui lei non sa negare compagnia e aiuto: ci incrociamo per strada, Antonio che va verso il negozio, io al seguito della vicina che mi ha chiesto di accompagnarla a una visita, e lui mi lancia uno sguardo parlante, un avviso muto e inequivocabile, che diavolo ci fai in giro con questa. Il mio sguardo di risposta deve essere implorante, o qualcosa del genere. Ci incontriamo più tardi, sempre nei pressi del negozio, e lui mi allunga un biglietto scritto a mano: “Ecco, qui c’è il mio numero di casa. Non dovrei darlo, non lo dò mai a nessuno, ma se hai bisogno, di qualunque cosa in qualunque momento, chiama”. Afferro il pezzetto di carta a righe, lancio uno sguardo sulla grafia a biro nera, Antonio 091-XXXXXX e lo infilo nel portafogli.
“Grazie davvero, Antonio. A presto” “A presto, e attenta a con chi vai in giro”.
Non so quante altre volte ho rivisto Antonio, di certo con Tina il saluto era quotidiano, il suo sorriso era capace di illuminarmi anche la giornata più malinconica. I suoi bimbi e il suo emporio pieno di colori erano una piccola festa ogni volta.
Poi la stagione sinfonica è finita e ho svuotato la mia casa palermitana: le valigie hanno rimangiato tutto quello che aveva abitato cassetti armadi comodino. Rapidi saluti precedono il viaggio di ritorno verso il resto della mia vita.
Nuovi impegni, studio e audizioni, contratti e spostamenti occupano i mesi a venire.
Non ho più pensato a loro per un po’.
Fino al 23 maggio 1992.
Quel giorno Palermo, una voragine sull’autostrada, i quintali di tritolo e i rottami fumanti di due auto invadono i teleschermi e allora ripenso a loro, e ascolto i nomi e prego di non sentire il suo.
E invece c’era lui in prima linea, anche quel giorno, anche in quell’inferno: Antonio Montinaro, capo-scorta di Giovanni Falcone».

La teca con i resti dell’auto di scorta “Quarto Savona Quindici” a Piacenza

Giovanna Fellegara, fra musica e sociale

Giovanna Fellegara

Diplomata in violoncello presso il Conservatorio di Piacenza, si è perfezionata con Rocco Filippini presso l’Accademia Stauffer di Cremona.
Dopo il Liceo Classico ha frequentato la Scuola di Paleografia e Filologia Musicale di Cremona.
Dal 1998 è giornalista pubblicista iscritta all’Ordine Giornalisti dell’Emilia Romagna.

Come violoncellista ha collaborato con diverse compagini, fra cui Orchestra Filarmonica Italiana, Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, Orchestra Sinfonica Siciliana, Orchestra della Rai di Milano, Orchestra dei Pomeriggi Musicali, Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini di Parma.

Dal 1996 è consulente per la progettazione, la ricerca, il fundraising e la formazione in campo culturale: fra le collaborazioni, istituzioni quali Fondazione Arturo Toscanini, Orchestra Filarmonica della Scala, ERT-Emilia Romagna Teatro, Socìetas Raffaello Sanzio, Scuola di Teatro di Bologna “Alessandra Galante Garrone”, Accademia Filarmonica di Bologna.

Dal 2006 al 2014 ha collaborato come responsabile delle Attività per il Sociale con l’Orchestra Mozart, fondata a Bologna da Claudio Abbado, realizzando i progetti TAMINO (attività musicali in ospedale), e PAPAGENO (attività di canto corale all’interno del carcere). Sempre per la Mozart, dal 2012 al 2014 ha curato l’Area Comunicazione e Stampa.
Dal 2017 collabora regolarmente con la Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone.
Dal 2023 è Presidente dell’Associazione Daimon di Bologna, che realizza attività di progettazione e formazione in campo artistico.

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Carlandrea Triscornia
Giornalista professionista si è laureato in giurisprudenza presso l’Università di Bologna. Ha inoltre ottenuto il Diploma in Legal Studies presso la Cardiff Law School - Università del Galles (UK). Ha iniziato la sua carriera come collaboratore del quotidiano di Piacenza Libertà. Dopo un corso di giornalismo radiotelevisivo ha svolto uno stage presso l’emittente Telereggio divenendone prima collaboratore e poi redattore. Successivamente ha accettato l’incarico di direttore generale e direttore editoriale di Telecittà emittente regionale ligure, dove ha lavorato per tre anni. E’stato quindi chiamato dalla genovese Videopiù ad assumere il ruolo di responsabile delle sedi regionali di SkyTG24 affidate in outsourcing alla stessa società. Trascorsi cinque anni è rientrato nella nativa Piacenza avviando una attività imprenditoriale che lo vede tuttora impegnato. Ha fondato PiacenzaOnline, quotidiano di Piacenza di cui è direttore responsabile. Ha collaborato con l’Espresso e con Avvenire oltre che con Telemontecarlo - TMC News come corrispondente dall’Emilia ed ha lavorato come redattore presso Dodici-Teleducato Parma. Appassionato di Internet e di nuove tecnologie parla correntemente inglese. Sposato, ha due figli.

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