Confagricoltura Piacenza: «Le stalle sono diventate “supermercati” per i lupi»

Nell’azienda Bozzi a Castelnovo Val Tidone uccisa una vitella direttamente in box. Gasparini: "La colpa non è dei lupi ma di chi non assumendo decisioni, lascia che le situazioni degenerino"

I lupi sono tornati a uccidere in allevamento e purtroppo ormai non fa neppure più notizia. Lo denuncia Confagricoltura Piacenza. Nella notte tra martedì 2 e mercoledì 3 aprile è stata sbranata una vitella nella stalla della Società Agricola Bozzi Angelo, Enrico e Gianpaolo, a Castelnovo Val Tidone (nel comune di Borgonovo), a meno di quattro mesi dall’ultima aggressione.

“Stavolta sono proprio entrati nel box – spiega Angelo Bozzi – l’altra volta hanno ucciso due vitelle che avevamo isolato, invece questa volta sono entrati in un box chiuso dedicato alle vitelle di 4-5 mesi.  Delle 15 vitelle nel box ne hanno uccisa una, le altre non le hanno toccate. Una vitella sanissima – prosegue scorato –. Per noi la morte di un animale è proprio un dispiacere, come quello di chi ha un cane che gli viene ucciso, perché i nostri animali li abbiamo allevati e curati da piccoli, vederli dilaniati così è una sofferenza”.

“Nella stalla la mattina la paglia era sparsa ovunque, si vedeva che nella notte le bovine si erano spaventate e avevano continuato a correre. Non so dire se fosse un lupo o un branco, in quel punto non abbiamo le telecamere che sono invece puntate sul ricovero dei mezzi, perché abbiamo anche il problema dei furti”.

“Il lupo, o lupi – prosegue Bozzi – hanno trovato un punto per entrare, anche se di notte abbassiamo le tende frangivento, ma sono riusciti a farsi un varco, essendo dei predatori, hanno trovato il modo e poi sono passati attraverso i cancelli che fanno da barriera ai bovini, ma non ai predatori”.

Confagricoltura Piacenza precisa quanto per gli addetti ai lavori pare un’ovvietà, ma non è purtroppo un’informazione nota ai più: “le stalle moderne per le bovine non hanno muri o cancelli come quelle di una volta, sono strutture aperte e sono tali per poter rispettare sia le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro che di benessere degli animali”.

Nella stessa azienda sono stati sbranati a inizio gennaio una vacca che aveva appena partorito, a fine gennaio una manza che si trovava in un momento di debolezza ed erano spariti alcuni vitelli. La modalità di predazione è identica e riconosciuta come attacco di lupo dai veterinari Ausl: le carcasse risultano azzannate alle cosce, i capi sono morti, mangiati vivi, per le ferite.

“Abbiamo circa 350 vacche – spiega Angelo Bozzi – noi abbiamo animali di alta genealogia: il nostro patrimonio zootecnico è l’asset strategico dell’azienda, quello che consente all’impresa di andare avanti e che ci fa vivere. Il dispiacere più grosso è quello di veder morire un capo con queste modalità, impotenti, con tutte le norme per il benessere animale che dobbiamo rispettare! La fauna selvatica è stata immessa ed è tutelata, se dovessimo toccarla avremmo il penale, ma quando è ora di gestirla e anche di pagare i danni che procura, non è più di nessuno. Tra qualche settimana – aggiunge – avremo anche il problema dei cinghiali che mangeranno le semine”.

“Sono le conseguenze drammatica di un’impostazione di fondo sbagliata che viene dalla normativa europea poi calata in quella nazionale e che indica di gestire la fauna selvatica secondo gradi di tutela – rimarca il presidente di Confagricoltura Piacenza, Filippo Gasparini – Se in un vigneto abbiamo un attacco di peronospora si agisce per eliminare la peronospora, se in allevamento abbiamo un’epidemia si interviene per eradicarla. Abbiamo i lupi che ormai identificano le nostre stalle come il loro supermercato e si ragiona sull’abbassare il grado di tutela del lupo, che è la peronospora della nostra stalla. Il lupo in stalla non ci deve essere. Punto. Il lupo non ha alcuna responsabilità – prosegue Gasparini– la colpa è di chi, non assumendo decisioni, lascia che le situazioni degenerino invocando un equilibrio naturale che qui è evidentemente sovvertito. Non si può continuare a ignorare la situazione sino a quando sarà divenuta ingestibile, come purtroppo abbiamo visto con i cinghiali.  È Incredibile che si continui a ciarlare in preda a un ambientalismo esasperato che non ha portato beneficio alcuno neppure per l’ambiente. I capi morti in azienda – rimarca il presidente degli agricoltori – sono classificati come incuria e impattano negativamente sui parametri di valutazione dell’azienda vincolanti ai fini dei sostegni. L’autorità pubblica però non è più autorevole, perché da un lato ci viene a fare le pulci su eventuali capi deceduti in allevamento e poi è essa stessa, con queste morti frutto di un mancato intervento, ad esserne causa. Abbiamo recentemente dichiarato – tuona – di convincerci che questo non sia un complotto per far chiudere gli allevamenti, ma ogni giorno riceviamo una palese conferma dai fatti ed è un’amara consapevolezza. Che almeno si sappia che gli agricoltori lo hanno capito”.

Publicità

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il commento
Inserisci il tuo nome