Alla scoperta di un angolo nascosto di Piacenza: la caserma Cella – Alfieri in via Benedettine

L'area che ospitava il panifici militare e prima ancora il filatoio dei Farnese è oggi di proprietà di CDP Real Asset SGR (Cassa Depositi e Prestiti) - FOTO E VIDEO

Piacenza nasconde tantissimi angoli sconosciuti ai più, complice anche il suo passato come città strategica per l’esercito italiano che qui aveva caserme strutture ormai vuote da anni. Fra queste c’è anche la caserma Cella – Alfieri, in via Benedettine, struttura rimasta parzialmente attiva fino agli anni 80. Qui, in una villetta, risiedeva anche il comandante, un colonnello,  con la sua famiglia e nel grande edificio  che sovrasta il primo tratto di via Abbondanza vi era il panificio militare.

La struttura ora è di proprietà di CDP Real Asset SGR (Cassa Depositi e Prestiti) ed è, al momento, chiusa in attesa di futura destinazione. Nei giorni scorsi rappresentanti di enti ed associazioni del territorio hanno avuto l’opportunità di visitarla nell’ambito dei sopralluoghi “Accendiamo il PUG”, il percorso partecipato che condurrà alla stesura del nuovo Piano urbanistico generale di Piacenza.

A guidare la visita, raccontando la storia di quest’area, è stata l’architetto Valeria Poli. Al centro dell’ex comparto militare in origine scorreva il rivo Sant’Agostino  che poi confluiva nel rivo San Savino. Quasi certamente le sue acque servivano a far funzionare il filatoio che qui venne creato.

Leggere e comprendere il passato può servire anche a meglio  il futuro della città come ci ha spiegato la professoressa Valeria Poli «Nel momento in cui si cerca di creare una rete di progetti è fondamentale anche avere la consapevolezza storica. Qui siamo in un quartiere che oggi potrebbe essere ampiamente valorizzato, ridefinitom ma che ha avuto una storia complessa ai margini nord della città al confine con il quartiere dei barcaioli,  vicino al porto del Po. Il grande momento è stato quello di Ranuccio II che volle creare nuovo asse farnesiano di collegamento tra Palazzo Madama, palazzo Farnese e la chiesa delle Benedettine. Un opera che non riuscì a finire; anche questo è un progetto incompleto a Piacenza. In questo quartiere ed in particolare in questo isolato venne fondato il filatoio Ducale che darà una vocazione industriale ed in seguito militare a quest’area. Non sappiamo invece cosa ospitasse in origine la torre qui a fianco. Compare in una bella planimetria, quella del Bolzoni del 1571. Fu poi inglobata nel grande monastero delle Benedettine e divenne una torre di passaggio tra il chiostro monastico ed il cortile retrostante destinato a giardino ortivo».

«Ringrazio il Gruppo CDP – ha sottolineato l’assessore all’Urbanistica Adriana Fantini – per averci permesso di scoprire la bellezza e le suggestioni di uno spazio che molti non conoscono e che ci racconta la storia della città farnesiana cinquecentesca, di cui via Benedettine era uno dei cardini. L’obiettivo dell’iniziativa che abbiamo intrapreso insieme al Gruppo CDP e, nelle scorse settimane, con Agenzia del Demanio e Amministrazione provinciale, è proprio quello di condividere, con la comunità, la conoscenza di luoghi che sono da tempo chiusi al pubblico. Se le possibili destinazioni d’uso future si legano a strumenti di pianificazione specifici, in sinergia con le istituzioni di competenza, è fondamentale mettere in relazione le potenzialità e le caratteristiche di questi spazi con le esigenze della collettività e delle associazioni».

Non vi sono al momento progetti specifici per l’area ha spiegato l’assessore Fantini ma occorrerà far combaciare le esigenze della proprietà con quelle dei cittadini e delle associazioni per trovare i necessari finanziamenti per il recupero di questi edifici «si farà un lavoro sinergico a livello di città attraverso anche il Piano Città che è stato siglato lo scorso 24 Aprile, con le proposte le idee dei cittadini sono diverse, molto interessanti e fantasiose. Ci sarà davvero l’opportunità di metterle a terra e di creare spazi adatti  che possano possono accogliere le bellissime associazioni che tengono vivo, da sempre, il tessuto culturale della nostra città. Questo, nello specifico, è uno spazio che si presta a diverse destinazioni d’uso e certamente anche ad essere sede per le associazioni. Stiamo cercando di capire come mettere in gioco la nostra città anche sul mercato immobiliare. E’ evidente che senza un partenariato pubblico privato come amministrazione col bilancio pubblico da soli non possiamo far partire operazioni di questo tipo. Bisogna essere creativi,  bisogna ascoltare i cittadini su quelle che possono essere le nuove necessità e i nuovi bisogni della città e poi mettere assieme questo patrimonio di conoscenza con gli operatori del mercato che devono trovare appetibile la nostra città e decidere di investire qui».

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