Bagno di folla al PalabancaEventi per Paolo Del Debbio

Il giornalista ha presentato il suo libro. «Ho imparato che si può essere felici con poco. Il contrario di quello che oggi insegnano i social»

Bagno di folla al PalabancaEventi di via Mazzini per il giornalista Paolo Del Debbio, ospite dell’Associazione culturale Luigi Einaudi e della Banca di Piacenza («vengo spesso nella vostra città e mi ci trovo bene», ha esordito il conduttore di “Dritto e rovescio” ringraziando la Banca nella persona del presidente Giuseppe Nenna e l’Associazione Einaudi nelle persone di Antonino Coppolino e Danilo Anelli) per presentare il suo libro “Le 10 cose che ho imparato dalla vita” (Edizione Piemme). «Non un’autobiografia» – ha precisato al pubblico che ha gremito Sala Corrado Sforza Fogliani («sono felice di essere in questo luogo dedicato a una persona con il quale c’era un rapporto di amicizia e visioni comuni su svariati argomenti») e la collegata Sala Panini – ma il racconto della sua vita, di un viaggio senza sosta attraversato da passioni, contraddizioni, difficoltà: un percorso comunque sorretto da saldissimi valori. E dalla chiacchierata con l’avv. Coppolino, che ha moderato l’incontro, ne è uscita una vera e propria lezione di vita molto utile soprattutto alle nuove generazioni.

SOLDINO

«Da ragazzino – ha ricordato Del Debbio – a Lucca c’era un signore senza fissa dimora che chiedeva ai passanti “avete un soldino?”. Di lui mi aveva colpito lo sguardo dei suoi grandi occhi neri, che guardavano la realtà che lo circondava. Solo dopo, studiando filosofia, ho imparato che lo sguardo è lo strumento col quale l’altro ti interpella: se ha subìto un’ingiustizia, ti chiede umanità. Ecco, il libro si caratterizza per il senso di umanità che lo pervade».

FAMIGLIA

«Tutto quello che sono – ha proseguito l’illustre ospite – lo devo alle mie radici: mio padre Roberto, mia madre Roberta, un fratello e una sorella. Ho avuto genitori molto riconoscenti alla vita: l’essenziale c’era, per esempio la fiorentina (nel senso della bistecca) la domenica, anche se entrambi venivano da una storia di sofferenza e fatica». Il papà fu deportato nel campo di concentramento di Buchenwald, dopo la cattura in Grecia da parte dei tedeschi. Quando riuscì a tornare in Italia, si fece Verona-Lucca a piedi. «Si era sparsa la voce che due deportati stavano per tornare – ha raccontato lo scrittore toscano – e la gente del paese si era raccolta vicino alle mura: c’era tensione, a cui seguirono lacrime e abbracci; mio padre e l’amico, però, non riuscivano a piangere perché si erano abituati al degrado umano. Ad attendere c’era anche mia madre. Si erano fidanzati nel luglio del 1943, poi lui partì per militare e lei non seppe più nulla per due anni. Tornando all’incontro sotto le mura, la gente se ne andò in silenzio e lasciò da soli i due fidanzati ritrovati: capite l’umanità che c’è nelle persone semplici? Un’umanità che s’impara guardando le persone che ti circondano e se non fai come loro avverti un senso d’inadeguatezza. Da ragazzo ho visto persone grate alla vita che mi hanno insegnato come si possa essere felici con poco. Il contrario di quello che oggi ti insegnano i social (dalla sala parte un applauso, ndr). Io ho vissuto un’infanzia felice, con nulla».

Il presentatore televisivo ha quindi condiviso con gli intervenuti alcuni aspetti curiosi della sua gioventù: il fatto che la madre gli comprasse i vestiti “a crescenza” (come si dice dalle sue parti, vale a dire di taglia abbondante in modo che durassero qualche anno); la frase tipica che sempre la madre gli ripeteva (“Se i bischeri volassero, a te bisognerebbe darti da mangiare con la fionda”); la prima scuola di vita, il bar Cavallino bianco («dove s’incontrava gente vera; la seconda scuola di vita è stata invece l’università»); l’iscrizione alla Cattolica, Facoltà di Filosofia, vincendo una borsa di studio («con mia mamma che a domanda rispondeva che ero iscritto a Medicina piuttosto che a Ingegneria senza mai dire che ero a Filosofia, perché non avrebbe saputo spiegare che cosa fosse»).

SEMINARIO

Paolo Del Debbio sedicenne frequentava la chiesa, un ambiente che lo affascinava, per l’alea di mistero da cui era avvolto. L’esperienza in seminario fu «totalmente fondamentale» anche se durata solo due anni («abbandonai perché la sera mi montava la nostalgia»). Fondamentale perché «ho imparato a scavare oltre la superficie delle cose e appreso come si studia» e perché «lì ho avuto a disposizione una ricchissima biblioteca che mi ha permesso di studiare tantissimo e di leggere tutte le cose fondamentali che mi sono portato appresso tutta la vita».

DIRITTI

Nel libro c’è spazio anche per la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. «Da lì non si torna indietro – ha spiegato lo scrittore e saggista -, tutti sono portatori di diritti in quanto persone. Cosa posso offrire da un punto di vista etico e morale per non indottrinare gli studenti?: l’etica dei diritti umani, perché su quello sono tutti d’accordo».

ECONOMIA

«L’economia ha un solo cuore – ha sottolineato Del Debbio -: lo scambio tra famiglie (che offrono forza lavoro e acquistano i prodotti) e imprese (che producono e danno lo stipendio alle famiglie). Spesso ragionando di economia si smarrisce il punto essenziale e si fanno politiche sbagliate. È successo con tutti i Governi: si perde di vista il fatto che le risorse andrebbero concentrate verso famiglie e imprese. Una politica economica frastagliata non ha un impatto efficace.

UNIVERSITÀ

Il prof. Del Debbio è laureato in Filosofia e insegna Etica ed Economia all’Università Iulm di Milano. Sulle nuove generazioni e sul mondo universitario si è tolto un sassolino dalla scarpa. «Non è vero – ha commentato – che i giovani non hanno voglia di sapere. Hanno sete di apprendere, ma bisogna educarli con dei contenuti. Se si continuerà ad assegnare le cattedre universitarie per ragioni politiche, si proseguirà ad indottrinare. Che è il contrario di ragionare. Agli studenti si deve insegnare a ragionare, a far proprio un metodo di apprendimento per cui l’idea te la costruisci da solo. Questo dovrebbe essere l’università (altro applauso convinto del numerosissimo pubblico, ndr)».

AMORE

Un capitolo del libro è dedicato all’amore. «Il più breve di tutti, perché l’argomento è complesso e lo sintetizzerei così – ha concluso il conduttore di Rete 4 -: so quando c’è, ma non so cos’è, la stessa cosa che diceva, del tempo, Sant’Agostino. Di una cosa sono certo e mi riferisco alle mie figlie Maddalena e Sara: quando metti al mondo un figlio metti al mondo un pezzo d’eternità».

Ai Soci e Clienti intervenuti è stata riservata copia del volume fino ad esaurimento delle disponibilità (seguendo l’ordine di prenotazione). Tutti gli altri Soci e Clienti prenotati riceveranno la pubblicazione in un secondo momento.

Al termine Paolo Del Debbio si è volentieri prestato al (lungo, visto il numero dei presenti) rito del firma-copia.

 

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