Il Klimt che Piacenza aveva in tasca. Da ventitre anni

Quasi fosse un mazzo di chiavi cercato disperatamente, ovunque. Tra ricordi sbiaditi e ricostruzioni surreali. Piacenza (forse) aveva un Klimt in tasca e non se ne era mai accorta.

Nel febbraio del 1997 una cornice rimasta orfana del suo dipinto ed un lucernaio aperto sul tetto della Galleria “Ricci Oddi” avevano spalancato la porta alle trame più intricate e pittoresche: dalla notte alla mattina «Il Ritratto di Signora» si era volatilizzato per finire chissà dove. E nessuna delle piste seguite aveva trovato il giusto sbocco con il ritrovamento di un’opera diventata nel frattempo una delle più ricercate non solo in Italia ma anche nel mondo. Gli anni che passano, l’attenzione dei media che scema e le speranze che si fanno sempre più sottili.

Il quadro di Klimt (se risuterà autentico) è un mazzo di chiavi che la Galleria “Ricci Oddi” ha sempre conservato in una tasca ben celata dietro una pianta di edera ed una sottile intercapedine di mattoni. Più vicino di quanto chiunque avesse potuto mai immaginare: come nella migliore tradizione degli oggetti che spariscono quando servono nel momento in cui servono di più. E per i quali non si trovano motivazioni apparenti dopo un ritrovamento tanto casuale quanto apparentemente inspiegabile.

Eppure bastava guardarsi nelle tasche senza nemmeno sforzarsi più di tanto. Chissà che non serva da lezione per l’imminente inizio dell’anno nuovo che vedrà Parma Città della Cultura: di chiavi da utilizzare Piacenza in tasca ne ha tante, basta saperle trovare.

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