Carbonetti (Fipe): “I problemi del Corso non si risolvono riducendo l’orario di apertura dei locali”

Secondo il rappresentante di Confcommercio la chiusura anticipata rischia di non portare ad alcun risultato e di essere anzi controproducente. “I pubblici esercizi sono un presidio di sicurezza”

«Sono convinto che sulla questione della cosiddetta movida notturna nel tratto finale del Corso si stia totalmente sbagliando la diagnosi. Di conseguenza anche le proposte che sono state avanzate per risolvere il problema rischiano di non portare ad alcun risultato, se non quello di danneggiare i pubblici esercizi che lavorano in quel tratto di strada».

E’ netto Roberto Carbonetti, presidente provinciale di Fipe Confcommercio, nel commentare l’ipotesi di un’ordinanza che potrebbe prevedere la chiusura anticipata dei locali situati in quello che è diventato uno dei punti caldi della vita notturna di Piacenza.

«In quell’area – continua Carbonetti – c’è una situazione problematica ed è evidente che occorre intervenire al più presto per risolverla, tenendo in conto i legittimi diritti degli abitanti. Il ripetersi di episodi di microcriminalità, i furti, le aggressioni, i danneggiamenti avvenuti in zona hanno fatto traboccare il vaso. Non bisogna però pensare, come qualcuno erroneamente fa, che la colpa di quanto avviene sia dei pubblici esercizi e delle loro frequentazioni serali».

Carbonetti, che oltre ad essere presidente provinciale e vice-presidente nazionale del Silb è anche consulente del Ministero dell’Interno su temi di sicurezza dei locali da ballo, ritiene che le criticità abbiano altre origini.

«In molte città simili alla nostra ci sono gruppi di giovani che gravitano in zone centrali che dal punto di vista urbanistico si prestano ad episodi di illegalità o presunta illegalità perché hanno angoli isolati, con illuminazione scarsa. E’ un po’ quello che avviene nel primo tratto del Facsal, in via Palmerio ed il altre strade ed aree verdi cittadine che diventano calamita per frequentazioni non sempre raccomandabili. I pubblici esercizi sono le prime vittime di questa situazione perché simili presenze ed atteggiamenti allontanano un certo tipo di clientela che vorrebbe stare tranquilla e non rischiare di essere importunata».

«Questo complesso di problemi – sottolinea il presidente Fipe – andrebbe affrontato in maniera più organica. Non si può, semplicisticamente, ribaltare la responsabilità di quanto accade sui locali presenti in quel tratto del Corso. E’ chiaramente un tema di ordine pubblico che richiede un coordinamento complessivo, con i vari soggetti coinvolti, fra cui anche i locali. Uno dei punti nodali è quello del servizio d’ordine. Molti pubblici esercizi si sono dotati di addetti alla sicurezza che però, allo stato attuale, non possono agire in alcun modo all’esterno. Potrebbero dare un contributo per eradicare questo fenomeno, per aumentare il livello di tranquillità ed invece hanno le mani legate.  Ritengo che, in collaborazione con Questura e Prefettura, si debba definire un nuovo protocollo per ampliare gli attuali limiti di azione degli addetti alla sicurezza. La loro presenza, la loro capacità di captare problemi e di allertare le forze dell’ordine in caso di bisogno sarebbe un ottimo deterrente. Se vogliamo ottenere un risultato bisogna ampliarne il raggio d’azione, ridefinire le regole d’ingaggio».

Secondo l’esponente di Fipe Confcommercio la chiusura anticipata non porterebbe alcun beneficio ed anzi farebbe venir meno un fondamentale presidio di sicurezza, un po’ come è successo in piazzetta Plebiscito dove, dopo la chiusura del ristorante e del dehors, c’è stato un netto peggioramento della situazione.

«E’ necessario ricordare che i pubblici esercizi sono un valore di legalità, sono un punto di riferimento, di osservazione sul territorio. Chiuderli vuol dire ridurre la sicurezza e lasciare spazio a chi crea problemi, dal rumore ai vandalismi. Credo onestamente che la ventilata chiusura anticipata sia assolutamente l’unica strada da non percorrere: porterebbe ad un risultato non soddisfacente per nessuna delle parti in causa. Anche per le problematiche che possono derivare direttamente dalle attività dei pubblici esercizi o dai loro avventori ritengo che la chiusura anticipata sia un amplificatore dei problemi piuttosto che la soluzione.

Bisogna analizzare innanzitutto la tipologia di pubblici esercizi presenti. Non stiamo parlando di una caffetteria bensì di locali che hanno identificato una specifica fascia di mercato , in cui l’orario diventa fondamentale per la vita dell’esercizio stesso . Gli avventori di questi locali che intendono proseguire la serata in sale da ballo o discoteche si muovono entro l’una di notte. Chi invece è ancora presente nei locali a quell’ora è chiaro che ha progettato una serata diversa e di certo non è intenzionato ad andare a casa. Chiudere prima vorrebbe solo dire “mettere in strada” clienti che invece se ne starebbero tranquillamente all’interno dei locali a sorseggiare un drink. Strategie già attuate in altre città evidenziano come semmai bisognerebbe ampliare gli orari per permettere un deflusso più diluito e di minore impatto sull’ambiente esterno, con un servizio d’ordine che a quel punto inviti ad avviarsi al rientro senza sostare all’esterno,  differenziare gli orari distinguendo fra servizio all’interno ed all’esterno del locale, limitando le attività  al solo  spazio interno dopo una certa ora , ridurre in termini di volume o cessare le attività musicali accessorie svolte all’interno dei pubblici esercizi al fine di permettere la convivialità e il dialogo tra gli avventori. Dobbiamo tornare a coltivare umanità e relazioni sociali , in un percorso che veda uniti i cittadini e gli esercenti al fine di creare una società più equilibrata». 

«Su altre importanti partite – conclude Carbonetti – questa amministrazione si è dimostrata capace di arrivare alla vera soluzione dei problemi e non si è fermata alla scelta più facile. Il mio augurio è che avvenga lo stesso anche in questo caso e che si possa trovare una strategia che restituisca serenità sia agli abitanti, sia agli imprenditori».

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