L’unione fa il marchio. Una denominazione comune per i vini della Val d’Arda

Un concorso di idee per dare ai vini del territorio un denominatore comune

“In vino crescitas! L’asticella della qualità delle produzioni della Valdarda, ma anche delle confinanti Val d’Ongina, Val Chiavenna e Val Chero va alzandosi di anno in anno – ha spiegato oggi in Provincia il giornalista Giorgio Lambri, ispiratore e promotore del progetto. – Lo riconoscono anche le guide specializzate che sempre più spesso includono nei loro prestigiosi riconoscimenti le bottiglie prodotte in questa porzione di territorio”.
Non solo i classici come il Vinsanto di Vigoleno, o le produzioni di realtà medio grandi, ma anche le bottiglie di piccole cantine.
Al tradizionale Monterosso, che nella sua allegra semplicità resta un vino bandiera di questa zona, si sono affiancate significative produzioni di Malvasia di Candia aromatica, Gutturnio, vini rossi, passiti, e bollicine con metodi classici di notevole pregio.
Sono vini dei Colli Piacentini, certo, ma sono produzioni peculiari e perfettamente identificabili per mineralità e sapidità, ma anche per una complessità del tutto particolare conferita dal terroir.
La Valdarda, inoltre, è il trait d’union geografico con Parma nella condivisione di quel vitigno autoctono che secondo tutti gli esperti può essere il veicolo di ulteriore crescita del comparto territoriale e cioè la Malvasia di Candia aromatica. Sono già in essere diversi progetti che riguardano questi vini, ad esempio Il Mito della Malvasia, che abbraccia tutto il percorso fatto da quest’uva dal Peloponneso fino all’Italia e a Piacenza in particolare.
Oltre a ciò, uno degli elementi che anche in Valdarda incoraggia di più nello sperare in un futuro roseo per la viticoltura è il progressivo ricambio generazionale che sta portando molti giovani al timone di vecchie aziende di famiglia gestite nel passato con logiche agricole sagge ma che devono essere aggiornate.
È proprio nel terroir un fondamentale elemento identificativo di questi vini che può essere raccontato attraverso un brand.
Si tratta in un certo senso di “vini di mare sull’Appennino” poiché la presenza delle rocce del Piacenziano (non a caso chiamato così) è l’elemento distintivo che contribuisce alla qualità particolare delle bottiglie.
Tutto questo può diventare un formidabile storytelling (fossili, conchiglie, balene e delfini compresi) con il quale sostenere il nuovo brand che può però richiamarsi anche un altro importante valore aggiunto, cioè quello della storia, con Castellarquato, ma se vogliamo anche con Vigoleno, Veleia e Gropparello.
Creare un brand vuol dire dare un elemento distintivo alla qualità di queste produzioni, qualcosa di facilmente riconoscibile anche attraverso un nome e un logo che diventi riconoscibile e riconosciuto come ad esempio sono storicamente Franciacorta, Roero, Chianti o più vicino a noi Oltrepo Pavese.
Ma significa anche favorire l’aggregazione di queste cantine che, come detto, sono sempre più spesse gestite da giovani che proseguono la tradizione di famiglia, implementandola però dal punto di vista della modernizzazione e della capacità di fare squadra
L’idea di base è quella di un concorso di idee, che coinvolga tutte le cantine del territorio chd che individui i “fondamentali” di questo brand e le caratteristiche che dovranno costituirlo, ma soprattutto le strategie di comunicazione per farlo conoscere fuori dai confini del nostro territorio.
Lo step successivo potrebbe poi essere quello dell’aggregazione di aziende e cantine, sotto l’egida istituzionale dei comuni di pertinenza e con il sostegno economico dei contributi che l’Europa e la Regione assegnano ai più interessanti progetti di valorizzazione territoriale e della tradizione.
La creazione di un brand può quindi diventare l’elemento aggregante per tutti, grandi e piccoli, con regole che si richiamino semplicemente alla territorialità e ovviamente alla genuinità dei vini. Poi ci sarà chi fa vini convenzionali, biodinamici, naturali, ancestrali, macerati sulle bucce, rifermentati in bottiglia, maturati in anfora e chi più ne ha più ne metta!
Tutto però con il filo conduttore della Valdarda e delle sue virtuose caratteristiche.
Per tutta queste ragione i sindaci dell’Unione dei Comuni Montani dell’Alta Valdarda, ma anche i loro colleghi dei Comuni di Carpaneto, Alseno e Gropparello hanno accolto la proposta lanciata dal giornalista Giorgio Lambri e fatto partire il progetto che è stato poi spiegato dal punto di vista tecnico da Giorgio Milani, fondatore e direttore creativo della società “VBM Comunicazione”, alla presenza di Marco Profumo, presidente del Consorzio dei Vini Doc dei Colli Piacentini e de vignaioli del territorio.

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