Il caciucco protagonista di una serata organizzata dal Rotary Piacenza

La famosa zuppa toscana, nata forse dall’invenzione del guardiano di un faro, appartiene alla cultura dei piatti poveri che permettevano di utilizzare ingredienti altrimenti destinati allo scarto

Continua il ciclo di incontri organizzato dal Rotary Club Piacenza per conoscere da vicino alcune fra le più importanti tradizioni eno-gastronomiche del nostro paese. Un viaggio attraverso culture territoriali, sapori, materie prime di qualità che i soci del sodalizio hanno scoperto partendo dalla Liguria e dal “cappon magro”, piatto composto da pesce e verdure, nato per riutilizzare gli avanzi dei banchetti ed adatto ai giorni di penitenza e quaresimali. Il termine “cappon” non si riferisce al gallo castrato ma è uno dei nomi con cui, in genovese, si chiama lo scorfano rosso.
Anche riso e verza e la polenta concia, piatti poveri della cucina piacentina, sono stati protagonisti di altrettante serate, mentre l’ultimo incontro, tenutosi ieri sera presso l’albergo Roma, è stato dedicato ad un famoso piatto livornese, il caciucco.

Il socio Bruno Neri, dopo gli onori di casa del presidente Giovanni Struzzola, ha tratteggiato le caratteristiche di questa zuppa di pescato la cui invenzione viene, da alcuni, attribuita al guardiano di un faro livornese. Poiché un editto della Repubblica fiorentina proibiva di friggere il pesce (dovendo essere l’olio riservato ad alimentare il faro) l’uomo si inventò un modo alternativo ma gustoso per cucinare il pesce che aveva a disposizione.

Secondo un’altra versione invece il piatto nacque allorché un pescatore morì annegato durante una tempesta, lasciando in assoluta povertà la sua famiglia. I figli, affamati, fecero il giro dei pescatori ottenendo da ognuno di loro pesci di varia natura che finirono tutti in un pentolone, cucinati dalla vedova con l’aggiunta di aglio, cipolle e pomodori dell’orto: ecco nata una zuppa profumatissima, servita su crostoni di pane raffermo.
Leggende a parte anche in questo caso si tratta di un piatto di origini povere, inventato per dare uno scopo ai pesciolini finiti nella rete, troppo piccoli per essere utilizzati altrimenti. Il nome deriva dall’espressione toscana “kuciuk” che indica piccolo, spezzettato: infatti esistono in toscana anche caciucchi di carne e di legumi. Quello livornese tradizionale dovrebbe contenere circa 13 varietà di pesci diversi.

Molto apprezzato quello preparato per l’occasione dallo chef dell’hotel Roma.

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