Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: dodici misure cautelari

La guardia di Finanza ha scoperto un’associazione per delinquere che operava fra Piacenza e Lodi. Attraverso aziende compiacenti venivano presentate domande per l’ottenimento del permesso di soggiorno

I militari del comando provinciale della guardia di Finanza di Piacenza hanno dato esecuzione a dodici misure cautelari emesse dal gip presso il tribunale di Piacenza nei confronti di altrettante persone ritenute appartenenti ad un’associazione che favoriva l’immigrazione clandestina nel nostro paese. Due sono finiti in carcere, due agli arresti domiciliari e nei confronti di otto è scattato l’obbligo di dimora nel comune di residenza. Inoltre sono state sequestrate sette fra aziende e ditte individuali.

Secondo quanto emerso dalle indagini, coordinate dalla procura piacentina, l’organizzazione predisponeva le pratiche ed i documenti necessari per ottenere il permesso di soggiorno (decreto flussi 2021/2022) dichiarando in maniera fraudolenta che gli stranieri sarebbero entrati in Italia per lavorare presso imprese che sono poi risultate essere complici dell’organizzazione.

A capo dell’associazione a delinquere un cittadino italiano residente in provincia di Lodi. Con lui collaboravano intermediari stranieri (di nazionalità egiziana, pakistana e tunisina) che avevano il compito di individuare cittadini extracomunitari interessati ad ottenere il permesso di soggiorno pagando un prezzo che oscillava fra i mille ed i duemila euro.

Il titolare di un centro di elaborazione dati, pur in mancanza di tutti i requisiti fiscali richiesti, costruiva una falsa documentazione a supporto delle domande presentate.

In totale sono state individuate circa 200 domande  relative a stranieri in gran parte già presenti sul territorio nazionale. Le istanze venivano presentate telematicamente, per conto dei “datori di lavoro”, da una donna ucraina anch’essa parte dell’organizzazione. Agli stranieri veniva consegnata una ricevuta attestante l’inoltro della domanda ed a quel punto veniva saldato il prezzo pattuito.

In molti casi le questure e prefetture di Piacenza e Lodi, a fronte del controllo dei documenti, avevano rigettato queste istanze “farlocche”.

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